Mediazione: solo uno “stop” sull’obbligatorietà consente un vero dialogo con l’avvocatura

giugno 06, 2011  |   Blog   |   Commenti disabilitati su Mediazione: solo uno “stop” sull’obbligatorietà consente un vero dialogo con l’avvocatura

La “cabina di regia” che, nelle intenzioni di chi la sostiene, dovrebbe sancire la ritrovata armonia tra il Ministro Alfano e gli avvocati, saprà rendersi interprete delle istanze che, con forza, provengono dall’avvocatura di base? In attesa di verificarlo si può dire che per il momento la proposta ha creato non poco scompiglio nel mondo forense, di fatto costretto, per la quasi totalità, a subire la decisione del Ministro della Giustizia di confrontarsi sui problemi dell’avvocatura con interlocutori da lui stesso prescelti, piuttosto che con le legittime rappresentanze – politica e istituzionale – che gli avvocati si sono legittimamente dati.  

L’occasione della rottura tra avvocati e Ministro che, un po’ approssimativamente, si vorrebbe sanata dall’incontro dell’11 maggio, è stata – last but not least –  il decreto legislativo 28/2010 che ha introdotto la conciliazione obbligatoria a pena di improcedibilità per alcune materie. Il decreto, fortemente voluto da Alfano anche contro il parere del Parlamento, è entrato in vigore nel marzo di quest’anno ed è immediatamente finito – senza che alcuno se ne sorprendesse – al vaglio della Corte Costituzionale.
Sulla conciliazione obbligatoria, dal Congresso Nazionale Forense di  Genova in avanti, tra il Ministro e gli avvocati è stato gelo profondo : pur avendo chiesto ripetutamente di essere ricevuti, OUA e CNF sono stati tenuti prudentemente a distanza. E così la protesta dell’Avvocatura, ingiustamente accusata di difendere antichi privilegi, ha dovuto necessariamente trasferirsi dalle aule di giustizia ai teatri e nelle strade, solo in questo modo  riuscendo ad infrangere quel muro di disinformazione, alla quale purtroppo contribuiscono in misura rilevante anche i media di questo paese, che impediva ai cittadini di comprendere appieno il disegno sotteso a questa conciliazione obbligatoria e le conseguenze, inevitabili, che ne sarebbero derivate.

Astensione, dunque; sofferta ma partecipata, avvocati compatti perchè sconsolatamente consapevoli di quanto la nostra antica e nobile professione sia ormai da anni sotto attacco, e non importa il colore dei governi che si succedono in questo Paese.
Infine la novità di qualche giorno fa.
Certo, la tempistica e le modalità sono di quelle che suscitano più di una perplessità : il periodo pre-elettorale ( che, di solito, favorisce aperture e promesse, subito dimenticate appena superato l’appuntamento), come pure una selezione troppo accurata degli interlocutori,  con la esclusione dei sostenitori delle posizioni più ferme, hanno creato qualche “imbarazzo”.  
Meglio, dunque, per il momento, far finta di niente ed entrare subito nel merito delle “promesse”. Che, è bene precisarlo, filtrano a fatica, quasi che nessuno abbia voglia, chissà perché, di mettere nero su bianco.

E così apprendiamo da un editoriale a firma del Presidente Giuggioli (Guida al Diritto n.22 del 28/5/2011) che la “cabina di regia” si occuperà prioritariamente dell’abrogazione della obbligatorietà della mediazione ma, in via subordinata, “tenuto conto della fermezza del Ministro sull’argomento ” è stato proposto che si limiti l’obbligo di esperimento del procedimento di conciliazione alle controversie di basso valore, sotto i cinquemila euro.
Il presidente Giuggioli, però, non ci garantisce  – e come potrebbe? – il consenso del Ministro, e nemmeno che saranno accolte tutte le altre proposte pure, sembra, prospettate (ad es. introduzione della competenza per territorio, maggiore qualificazione degli organismi e dei mediatori ecc.). Mentre ci rassicura sulla disponibilità ad introdurre, immediatamente, l’assistenza tecnica obbligatoria, non si sa se limitata o meno;il ché dovrebbe sostanzialmente appagare l’avvocatura.

E’ invece del tutto evidente che la sola obbligatorietà della difesa tecnica, svincolata dalle altre ben più importanti modifiche necessarie al decreto, non risolverebbe alcuna delle forti criticità della normativa (in particolare quelle che saranno oggetto dell’esame della Corte Costituzionale); è altrettanto evidente che l’accettazione-magari grata- da parte degli avvocati finirebbe per favorire presso l’opinione pubblica una immagine fortemente negativa della categoria, alla quale verrebbe facilmente apposta l’etichetta di corporazione attenta solo al proprio tornaconto personale. Con ciò irrimediabilmente svilendo la forte battaglia che gli avvocati stanno conducendo a tutela dei diritti del cittadino e per la salvaguardia dello stato di diritto.
Dispiace, prima ancora che meravigliare, la constatazione che tale fondamentale aspetto, attinente la dignità di ognuno di noi, sia clamorosamente sfuggito agli avvocati invitati dal Ministro.
Poiché altro, di concreto, pare proprio che non ci sia.
E, francamente, è davvero troppo poco per sacrificare sull’altare del recupero di un incerto dialogo, la forte battaglia voluta all’unanimità dal Congresso Nazionale contro una normativa sbagliata, sinora intrapresa con successo, anche giudiziario.
Ci dicono gli avvocati invitati dal Ministro che il confronto ha riguardato anche il progetto del Governo per lo smaltimento del contenzioso civile.
Premesso che finora il Ministero non ha mai reso noto il vero dato dell’arretrato civile ( ovvero dei processi a rischio legge Pinto) , tendendo invece a confondere l’arretrato con il pendente ( che ricomprende anche i processi iscritti a ruolo il giorno prima della rilevazione), non è ben chiaro quale delle innumerevoli misure proposte dal Governo e fortemente criticabili sia stata effettivamente contestata, essendo trapelata solo la notizia che ci saranno “circa 8/10.000 professionisti che dovranno dedicarsi alla definizione della cause arretrate” (Guida al Diritto n.22, pag.12).
Quid circa la proposta di utilizzare praticanti, specializzandi e dottorandi per la costituzione di strutture di assistenza e collaborazione dei magistrati a titolo rigorosamente gratuito? Quale la contestazione sulla previsione di una sentenza con motivazione breve e sulla necessità, per la parte che richieda la motivazione estesa, di anticipare il contributo unificato (“aumentato della metà”) per il futuro e, a quel momento, solo eventuale giudizio di impugnazione ( vero e proprio vulnus dei diritti della parte costituzionalmente garantiti)? Taccio sul resto, ma solo per mancanza di spazio, augurandomi che non si tratti di uno scambio, sicuramente non alla pari!
In definitiva, il quadro generale non è affatto confortante : non vorremmo che, mentre intrattiene i suoi ospiti nella “cabina di regia”, il Ministro preparasse una modifica alla legge 69/2009, tendente a sanare l’eccesso di delega, così evitando, almeno in parte, un giudizio scomodo.
La via maestra è, e rimane, un decreto legge che sospenda immediatamente la obbligatorietà del tentativo di conciliazione, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale; quanto al ddl sullo smaltimento dell’arretrato, con la memoria alla “vergogna” delle sezioni stralcio, un confronto effettivo con l’avvocatura alla ricerca di un rimedio che, al di fuori di spot pubblicitari, garantisca una efficace risposta dello Stato alla domanda di Giustizia.
Ester Perifano – Segretario Generale ANF

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